Atti immobiliari, cambia la tassazione

tavola rotonda 14 luglio 201514 luglio 2015, Palazzo di Giustizia “Bruno Caccia” – Aula Magna “Fulvio Croce”

Tavola Rotonda Le novità dell’ultima ora in tema di procedure concorsuali, esecuzioni mobiliari e immobiliari: un primo confronto sulla disciplina immediatamente applicabile contenuta nel d.l. 27 giugno 2015 n. 83
Relazione del notaio Alessandro Scilabra
Note a prima lettura del neo introdotto articolo 2929 bis c.c.

Il titolo II, capo I del D.L. anti credit crunch (Modifiche al codice civile) introduce nel corpo del sesto libro una nuova disposizione che riconosce al creditore munito di titolo esecutivo, al ricorrere di ulteriori condizioni che saranno oggetto di specifico approfondimento, di aggredire direttamente il bene che sia stato oggetto di atti dispositivi a titolo gratuito o che sia stato assoggettato a vincoli di indisponibilità. Iniziamo con l’esame della norma.

Art. 2929-bis (Espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito).
Il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, può procedere, munito di titolo esecutivo, a esecuzione forzata, ancorché non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l’atto è stato trascritto. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole, interviene nell’esecuzione da altri promossa.
Quando il pregiudizio deriva da un atto di alienazione, il creditore promuove l’azione esecutiva nelle forme dell’espropriazione contro il terzo proprietario.
Il debitore, il terzo assoggettato a espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono proporre le opposizioni all’esecuzione di cui al titolo V del libro III del codice di procedura civile quando contestano la sussistenza dei presupposti di cui al primo comma, nonché la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore.

Verifichiamo in primo luogo l’ambito temporale di applicazione. L’articolo 23, comma 6 del d.l. prevede che “6. Le disposizioni di cui all’articolo 12, comma 1, lettera b), 13, comma 1, lettere d), l), m), n), si applicano esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto”, data che, lo ricordiamo, è il 27 giugno 2015.

Quindi chi ha già agito in revocatoria contro uno degli atti previsti dalla norma (quali lo vedremo fra poco), se entro l’anno dalla trascrizione dell’atto, potrebbe decidere di avvalersi della nuova disciplina abbandonando la revocatoria ed iniziando direttamente l’azione esecutiva.

Sempre sotto il profilo del diritto transitorio: la nuova disciplina si applica anche agli atti stipulati prima dell’entrata in vigore? Riterrei di sì, la norma non distingue. Un primo dubbio: è ravvisabile qualche profilo di illegittimità in questo? Penso ad una donazione stipulata il 15 giugno ed alla posizione del donatario che diviene deteriore. Riterrei però che non si evidenzino profili di illegittimità costituzionale: la norma ha una prevalente portata processuale, in quanto trasforma l’onere di agire in revocatoria del creditore in un onere di opposizione in capo al debitore, che potrà far valere in via di azione quelle medesime circostanza che ordinariamente formano oggetto di eccezione nella revocatoria. Quindi l’affievolimento della posizione del debitore mi sembra abbia natura ed ambito processuale e non sostanziale e che rientri nei limiti della discrezionalità del legislatore, oltre ad essere coerente con le finalità dell’articolato normativo.

Procediamo con l’esame della norma.

Contesto e collocazione sistematica: libro VI (della tutela giurisdizionale dei diritti), titolo IV (della tutela giurisdizionale dei diritti), Capo II (Dell’esecuzione forzata). Il Capo II ha due sezioni, la prima “Dell’espropriazione” e la seconda “Dell’esecuzione forzata in forma specifica”. Si inserisce, probabilmente per ragioni di collocazione e coerenza sistematica una sezione tra le due, che viene quindi rinumerata come I bis (forse anche per uno strano amore del nostro legislatore per le numerazioni iterative), sezione denominata “Dell’espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito”. La sezione comprende un solo articolo, quello in esame.

Qualificazione dell’istituto: mi sembra si tratti di un’applicazione speciale della revocatoria ordinaria, che a certe condizioni ammette la diretta aggressione del bene da parte del creditore pregiudicato dall’atto fraudolento: identici, come vedremo più avanti, sono la legittimazione attiva ed i presupposti, che in questo caso sono presunti juris tantum e operano in modo speculare, ribaltato in danno del debitore (che deve farli valere in via di azione, in sede di accertamento negativo da condursi in sede di opposizione).
In sostanza a certe condizioni il legislatore presume, salvo prova contraria, la sussistenza dei presupposti per l’azione revocatoria: il pregiudizio per il creditore e la consapevolezza del debitore e quindi consente al creditore di aggredire direttamente il bene, rendendo eventuale la fase di accertamento della loro sussistenza.

Riterrei pertanto che per gli aspetti non direttamente disciplinati dalla norma si possa fare riferimento all’applicazione diretta o comunque estensiva delle disposizioni in materia di revocatoria. Non sopravvaluterei invece la collocazione della norma per escludere questo argomento: l’inserimento nel capo relativo all’espropriazione e non invece a seguito della disciplina della revocatoria non mi sembra possa infatti condurre ad obliterare questi argomenti, essendo peraltro maggiormente coerente con la natura dell’azione che è esecutiva e non richiede una preventiva sentenza che costituisca in capo al creditore la facoltà di aggredire il bene. In ogni caso, anche a voler opinare diversamente e quindi ritenere che si tratti di altra ed autonoma figura, l’affinità tra gli istituti, i medesimi principi di fondo ed il rilievo dell’argomento sistematico mi sembra possano sicuramente legittimare il ricorso all’analogia legis.

Legittimazione attiva: spetta al creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore compiuto successivamente al sorgere del credito: quindi esclusivamente il creditore anteriore. Non c’è invece considerazione normativa per il creditore successivo che, nella revocatoria ordinaria, può comunque impugnare l’atto stipulato prima del sorgere del proprio credito se dimostra che lo stesso era stato dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento. Questa posizione, vista comunque l’eccezionalità della norma, direi che non può ritenervisi ricompresa e quindi dovrà cercare tutela negli strumenti ordinari. Deve ovviamente essere munito di titolo esecutivo.

Presupposti:
– che il creditore sia pregiudicato dall’atto, e, vista la pressochè identica formulazione rispetto all’art. 2901 c.c. possiamo rinviare all’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale sul punto: mi limiterei ad a ricordare come ai fini della nostra norma questo presupposto sia presunto e la sua insussistenza (ad esempio perché nel patrimonio del debitore di sono altri beni aggredibili) possa essere fatta valere dal debitore come motivo di opposizione;
– la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni del crebitore. E qui valgono le stesse considerazioni appena svolte.

Quali sono gli atti interessati dalla norma?

Rubrica: “vincoli di indisponibilità e alienazioni a titolo gratuito”. Testo: “atto del debitore di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione compiuto a titolo gratuito”.

1) vincoli di indisponibilità sono sicuramente il fondo patrimoniale, il trust auto dichiarato, i patrimoni destinati ad uno specifico affare nelle società per azioni (art. 2447 bis), non anche i negozi fiduciari in genere in quanto inidonei a creare un vincolo opponibile ai terzi. Relativamente agli atti costitutivi di vincolo riterrei necessaria una distinzione: ricompresi senz’altro gli atti di destinazione ex art. 2645 ter (quelli volti alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni o ad altri enti e persone fisiche); sarei invece portato ad escludere gli atti costitutivi di vincolo ex art. 2645 quater (atti con i quali vengono costituiti a favore dello stato, della regione o di enti pubblici vincoli di uso pubblico o ogni altro vincolo a qualsiasi fine richiesto dalle normative regionali o dagli strumenti urbanistici), in primo luogo perché non creano vincolo di indisponibilità ma a tutto concedere solo opponibilità ai terzi di quella particolare limitazione della proprietà: il creditore potrà espropriare il bene ma nella vendita forzata si terrà conto della limitazione di valore che deriva dall’obbligo di rispettare il vincolo; in secondo luogo perché mi sembra che difetti la gratuità dell’atto, essendo lo stesso imposto dalle normative regionali o dagli strumenti urbanistici;
2) atti di alienazione a titolo gratuito: l’area, semantica prima ancora che giuridica, è evidentemente più ampia di quella della donazione: vi rientrano ovviamente anche le donazioni indirette e tutte le liberalità non donative. La norma però non limita il proprio ambito di applicazione alla donazione, in quanto fa testualmente riferimento alla più ampia categoria degli atti a titolo gratuito. Possiamo provare a dedurre ulteriori elementi di lettura dall’esame delle disposizioni in materia di revocatoria, trattandosi in sostanza, lo ribadiamo ancora, di una peculiare forma di applicazione del medesimo istituto. L’art. 2901 enuclea per differenza tra il punto 1) e il punto 2) gli atti “non a titolo oneroso” ai quali riserva un trattamento più semplificato quanto a presupposti della revocatoria, non richiedendosi la prova della collusione con l’acquirente. Questa disposizione pone un principio importante e di sicuro rilievo sistematico che riterrei direttamente utilizzabile per delimitare l’ambito di applicazione dell’articolo 2929 bis, che mi pare possa arrivare a ricomprendere tutti gli atti non a titolo oneroso. Con alcune precisazioni. In primo luogo, vista non solo l’identità di ratio ma l’unicità dell’istituto riterrei applicabili in via diretta i commi terzo, quarto e quinto (questo aspetto lo vedremo fra poco) dell’art. 2901, con alcuni importanti corollari applicativi che andremo ad esaminare.
Terzo comma: non si considerano, agli effetti dell’art. 2901 (e quindi dell’art. 2929 bis), atti a titolo gratuito le prestazioni di garanzia anche per debiti altrui, quando sono contestuali al sorgere del credito garantito. Due corollari:
* prima ed a prescindere dal consolidamento dell’ipoteca concessa a garanzia di mutuo fondiario ex art. 39 quarto comma TU, tutte le ipoteche da chiunque concesse anche come terzo datore se contestuali al credito sono soggette a revocatoria ordinaria in base alle più stringenti regole previste per gli atti a titolo oneroso e non quindi all’art. 2929 bis;
* le ipoteche concesse da chiunque (anche dal debitore) successivamente al sorgere del credito sono atti gratuiti ai fini della revocatoria ordinaria e cadono pertanto sotto la scure del 2929 bis.
Quarto comma: Non è soggetto a revoca l’adempimento di un debito scaduto. Qui si tratta di adempimento ordinario di un debito, quindi di pagamento, tanto che si ritengono aggredibili in revocatoria ordinaria gli atti di estinzione diversi dal pagamento. Ai nostri fini il discorso assume però altra valenza. E qui si innesta un’ulteriore riflessione: sono atti gratuiti, oltre alle liberalità, tutti gli atti nei quali non solo manca una controprestazione, ma nemmeno esiste una causa solvendi esterna che giustifica causalmente l’attribuzione patrimoniale, che altrimenti sarebbe una ripetibile prestazione isolata, connotandola in termini di onerosità. Quindi atto gratuito, per il fine che ci interessa, è sicuramente anche l’atto gratuito atipico, nel quale lo stipulante addiviene liberamente alla disposizione del proprio diritto, non però al fine di beneficiare altri ma per soddisfare un proprio interesse economico (rinuncia ad un diritto reale, a una quota di comproprietà, per chi la ammette alla proprietà tout court, magari al fine di sottrarsi agli oneri fiscali e di manutenzione). Atto gratuito, ancora, è sicuramente l’atto di dotazione di una fondazione e, anche se forse con alcuni distinguo che non è certamente questa la sede per affrontare, il trasferimento al trustee da parte del settlor. Non gratuito è invece l’atto in cui la prestazione dello stipulante è volta ad adempiere una preesistente obbligazione, che si connota appunto come causa solvendi esterna che, lo accennavamo prima, sorregge causalmente l’attribuzione. Per fare qualche esempio escluderei senz’altro dal novero degli atti gratuiti (per quanto sicuramente revocabili nelle forme ordinarie) la datio in solutum in forza della quale il solvens estingue una preesistente obbligazione pecuniaria (scaduta o meno) mediante il trasferimento di un bene o la rinuncia ad un proprio diritto, la transazione anche novativa e anche su titolo nullo, tutti gli atti divisionali che sono senza corrispettivo ma hanno funzione di apporzionamento, la novazione oggettiva di un preesistente rapporto obbligatorio, i trasferimenti che avvengano nell’ambito dei rapporti di provvista o di valuta relativi a delegazione, espromissione e accollo, nonché i trasferimenti in esecuzione di preesistenti rapporti di mandato o in genere di rapporti fiduciari. In tutti questi casi l’adempimento di un preesistente rapporto obbligatorio, o comunque l’esecuzione della prestazione nel suo ambito, vale sempre a qualificare la causa esterna del trasferimento come onerosa. Escluderei ancora i trasferimenti che avvengono nell’ambito di una procedura di mediazione o di conciliazione, essendo connotati da una causa lato sensu transattiva che orbita nell’area dell’onerosità. Escluderei infine dall’ambito applicativo della norma i trasferimenti stipulati in esecuzione di obbligazioni assunte in sede di separazione o di divorzio, in quanto gli stessi hanno sempre, almeno formalmente, natura onerosa e causa solvendi. Sul punto peraltro con la recente sentenza n. 6067 del 26 marzo 2015 la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, proprio al fine di valutarne la revocabilità, ha riconosciuto che tali trasferimenti non hanno carattere di liberalità, configurandosi come negozi di adempimento di obblighi di carattere economico precedentemente assunti al fine di pervenire ad una completa sistemazione dei rapporti patrimoniali fra coniugi e dell’obbligo di mantenimento dei figli.

Un’ultima considerazione in punto individuazione degli atti: riterrei senza alcun dubbio che l’unico criterio discretivo possa essere quello formale, della qualificazione attribuita dalle parti all’atto e che non sia assolutamente ammissibile in questa sede una riqualificazione da parte del creditore pignorante. La norma opera evidentemente sulla base di indici formali e questioni legate alla simulazione o in genere alla diversa qualificazione credo non possano essere trattate che nella sede naturale, che è quella della cognizione da parte dell’autorità giudiziaria, nel contraddittorio delle parti.

Altra questione di non poco momento è legata alla da alcuni affermata, con toni a mio avviso vagamente terroristici, sospensione della commerciabilità dei beni donati pendente il termine annuale dalla relativa trascrizione. Si tratta in realtà di un falso problema. L’atto gratuito stipulato dal soggetto già, a volte anche pesantemente, esposto è e sempre è stato un atto fragile, soggetto per cinque anni alla scure della revocatoria ordinaria, esperibile senza grandi difficoltà da parte del creditore anteriore.
Riterrei di escludere con ragionevole certezza che eventuali ulteriori atti negoziali compiuti a titolo oneroso dall’acquirente del bene pendente il termine annuale possano essere direttamente pregiudicati con questo nuovo meccanismo. Gli argomenti contro mi paiono schiaccianti ed esaustivi. In primo luogo l’eccezionalità della norma che fa evidente ed unico riferimento all’atto compiuto dal debitore e non contempla altre ipotesi. Altri argomenti sono forniti:
– dal quinto comma dell’art. 2901: se è concessa la revocatoria, “L’inefficacia dell’atto non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi in buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di revocazione”;
– dall’art. 2652 n. 5, che stabilisce che la sentenza che accoglie la domanda di revocatoria non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso da terzi in buona fede in base ad un atto trascritto o iscritto prima della trascrizione della domanda.
Quindi il donatario che volesse rivendere il bene potrebbe farlo tranquillamente e la tempestiva trascrizione della rivendita varrebbe a rendere inoperante l’art. 2929 bis ed inefficace l’eventuale successiva trascrizione del pignoramento.
Quindi, se l’acquirente cede ad un terzo che acquista a titolo oneroso riterrei, addirittura testualmente se pensiamo di trovarci nell’ambito del medesimo istituto o in ogni caso per evidente analogia, che questo atto sia salvo (ferma restando la possibilità del creditore di agire nelle forme ordinarie aggredendo in revocatoria il primo atto gratuito ed il secondo oneroso).
Relativamente all’altro requisito, ricordiamo che la buona fede si presume e pertanto l’onerosità di un atto lo mette a mio avviso sicuramente in salvo dall’art. 2929 bis.

Un maggiore approfondimento, e mi avvio a chiudere, va invece riservato ai successivi atti dispositivi a titolo gratuito o alla costituzione di vincoli di indisponibilità da parte dell’acquirente. Le regole ordinarie non fanno salvi questi atti dalla revocatoria, nemmeno se trascritti prima della trascrizione della relativa domanda. Possiamo chiederci se questa situazione si estenda in qualche modo anche al meccanismo previsto dall’art. 2929 bis o meno. Il creditore del primo donante può aggredire direttamente il bene nei confronti del primo donatario che abbia successivamente costituito un vincolo di indisponibilità o del sub acquirente a titolo gratuito? Io proverei a distinguere le due ipotesi. In caso di successivo trasferimento a titolo gratuito non sono così sicuro che il creditore possa avvalersi dell’art. 2929 bis e che invece non debba aggredire in revocatoria i due atti. La norma sul punto specifico tace, ma individua come presupposto dell’azione esecutiva il fatto che il creditore sia pregiudicato da un atto del (proprio) debitore, non del suo avente causa. Potremmo forse ragionare diversamente ed in termini più estensivi per il caso in cui il primo acquirente costituisca un vincolo di indisponibilità, in quanto il fatto che egli sia autonomamente soggetto all’azione esecutiva pendente il termine di un anno potrebbe farci pensare che l’eventuale vincolo costituito in tale periodo non possa essere opponibile al creditore. Ma l’ipotesi merita sicuramente un più ampio e ponderato approfondimento.

Concludo rilevando che in ogni caso, che sia applicabile o meno l’art. 2929 bis, il rischio che il subacquirente corre nelle more della trascrizione del proprio titolo è sostanzialmente il medesimo, in quanto in un caso rischia che sia trascritto prima il pignoramento mentre nell’altro è esposto alla prioritaria trascrizione della domanda di revocatoria, che comunque gli renderebbe opponibile la successiva sentenza di accoglimento.

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